Flat tax incrementale: in consultazione la bozza di circolare

L’Agenzia delle entrate ha reso disponibile in consultazione pubblica, fino al 15 giugno, una bozza di circolare che fornisce chiarimenti in merito al nuovo regime della c.d. flat tax incrementale, introdotto dall’articolo 1, commi da 55 a 57, della Legge di bilancio 2023 (Agenzia delle entrate, comunicato 6 giugno 2023).

Nella bozza di circolare l’Agenzia delle entrate parte dall’analizzare la novità introdotta dalla Legge di bilancio 2023, all’articolo 1, commi da 55 a 57: un regime agevolativo opzionale, c.d. “tassa piatta incrementale” o “flat tax incrementale”, limitatamente all’anno d’imposta 2023, sostitutivo dell’IRPEF e delle relative addizionali regionale e comunale. A riguardo la circolare fornisce indicazioni in relazione alle modalità di applicazione di tale beneficio fiscale, individuando i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti per usufruirne.

 

Riguardo all’ambito soggettivo, sono beneficiari dell’agevolazione:

  • le persone fisiche che esercitano attività d’impresa, titolari di reddito di cui all’articolo 55 del TUIR, a prescindere dal regime contabile adottato, ferma restando l’esclusione prevista per i contribuenti persone fisiche che applicano, per il periodo d’imposta 2023, il regime forfetario, di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della Legge n. 190/2014;
  • le persone fisiche che esercitano arti o professioni.

Con riferimento all’ambito oggettivo, è prevista l’applicazione di un’imposta ad aliquota fissa del 15%, sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali regionale e comunale. Il calcolo viene effettuato sull’incremento di reddito dell’anno 2023 rispetto a quello più elevato nell’ambito del triennio precedente. L’imposta sostitutiva, in particolare, deve essere calcolata su una base imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito determinato nel 2023 e quello d’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5% di quest’ultimo ammontare. Il reddito da confrontare, dunque, non è quello complessivo, ma quello relativo alle sole attività d’impresa e di lavoro autonomo. Diversamente, l’ulteriore quota di reddito non soggetta a imposta sostitutiva confluisce nel reddito complessivo e si rende applicabile la tassazione progressiva ai fini IRPEF, secondo gli ordinari scaglioni di reddito.

 

La circolare prosegue precisando, con riferimento all’impresa familiare e all’azienda coniugale, che l’incremento di reddito deve essere calcolato prendendo in considerazione l’intero reddito conseguito dall’impresa nel 2023, comprensivo anche della quota attribuita al collaboratore familiare o al coniuge, rispetto al maggior reddito conseguito dalla medesima impresa nel triennio precedente, ma solo ai fini della verifica dell’effettivo incremento reddituale.

 

La quota di reddito assoggettata a imposta sostitutiva, ai sensi del comma 56 della Legge di bilancio 2023, rileva ai fini del riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefìci di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, spettanti al contribuente, che fanno riferimento al possesso di requisiti reddituali.

 

Ai fini del calcolo degli acconti IRPEF e delle relative addizionali, in forza del comma 57 della Legge di bilancio 2023, non si tiene conto dell’applicazione della disciplina della “flat tax incrementale”. Pertanto per il periodo d’imposta 2024 l’importo degli acconti deve essere calcolato adottando, quale base imponibile, quella che si sarebbe determinata utilizzando le regole ordinarie.

 

Si rappresenta che la quota di reddito assoggettata alla flat tax incrementale è esclusa dalla base di calcolo per determinare le aliquote
progressive da applicare all’eventuale quota di reddito tassato ordinariamente. In assenza di una espressa previsione normativa sul punto, infatti, deve ritenersi applicabile quanto disposto dall’articolo 3, comma 3, del TUIR, il quale, alla lettera a), esclude dalla base imponibile IRPEF i redditi soggetti a imposta sostitutiva. L’IRPEF, pertanto, andrà calcolata applicando le aliquote proprie previste dall’articolo 11 del TUIR, senza considerare, ai fini della progressività, la parte di reddito assoggettata alla flat tax incrementale.

 

Sono esclusi da tale regime agevolativo i contribuenti che hanno iniziato l’attività d’impresa o l’esercizio di arti o professioni a partire dall’anno d’imposta 2023, attesa l’impossibilità di determinare l’incremento reddituale richiesto dalla norma stessa in assenza dei dati relativi al triennio precedente. Viceversa, possono accedere al beneficio fiscale i contribuenti per i quali sia possibile verificare l’esistenza dell’incremento reddituale rispetto ad almeno un periodo d’imposta relativo alle annualità 2020, 2021 e 2022, non essendo richiesto dalla norma, ai fini del confronto reddituale, che il contribuente abbia conseguito redditi per l’intero triennio di osservazione.

È sufficiente, dunque, aver svolto la propria attività per almeno un’intera annualità tra quelle del triennio di riferimento.

 

In particolare per i soggetti che abbiano iniziato l’attività successivamente al 1° gennaio 2020 il raffronto per l’individuazione del maggior reddito del triennio di riferimento deve essere fatto:
– ragguagliando all’intera annualità il reddito eventualmente derivante dallo svolgimento dell’attività per una frazione dell’anno;
– confrontando tale dato con il reddito dei restanti altri anni del triennio considerato.

 

La verifica dell’incremento di reddito, poi, deve essere effettuata tenendo conto del reddito del 2023 rispetto al maggior reddito del
triennio. Qualora il reddito d’impresa o derivante dall’esercizio di arti o professioni fosse negativo, ai fini della determinazione dell’incremento di reddito da assoggettare alla flat tax incrementale, la perdita sarebbe da ritenersi irrilevante.

 

Nel caso di adesione al regime forfetario in uno o più degli anni dal 2020 al 2022, la circolare chiarisce che non è precluso l’accesso al regime della flat tax incrementale per l’anno d’imposta 2023. In tal caso, infatti, potrà essere utilizzato anche il reddito assoggettato al regime forfetario per determinare l’incremento del 2023, qualora rappresenti il maggiore del triennio.

 

Infine, viene chiarito che per la verifica del maggior reddito del triennio 2020-2022 e della comparazione di quest’ultimo con il reddito del 2023, occorre prendere in considerazione il dato riportato in dichiarazione dei redditi, al netto delle perdite pregresse.

Associazione professionale: compensi di sindaco o amministratore soggetti a IRAP

L’Agenzia delle entrate, in risposta a un quesito di un’associazione professionale, ha fornito chiarimenti in merito all’assoggettamento a IRAP dei compensi per l’attività di sindaco e amministratore svolta dai soci (Agenzia delle entrate, risposta 5 giugno 2023, n. 338).

Il presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 446/1997, è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.

 

Successivamente, l’articolo 1, comma 8, della Legge di bilancio 2022 ha previsto che tale imposta regionale non sia dovuta dalle persone fisiche esercenti attività commerciali ed esercenti arti e professioni di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 3 del medesimo D.Lgs. n. 446/1997.

A riguardo l’Agenzia delle entrate cita la circolare n. 4/E del 18 febbraio 2022, nella quale viene anche chiarito che il riferimento alle persone fisiche esercenti arti e professioni contenuto nella norma implica che resti assoggettato a IRAP l’esercizio di arti e professioni in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell’articolo 5 del TUIR.

In relazione ai compensi connessi agli incarichi di sindaco o amministratore svolti da un professionista che partecipa a un’associazione professionale, l’Agenzia richiama la sentenza del 29 settembre 2016, n. 19327 della Corte di Cassazione, nella quale si afferma che tali compensi non vadano inclusi nella base imponibile IRAP dell’associazione, qualora l’esercizio delle predette attività avvenga in modo individuale e separato rispetto a ulteriori attività espletate all’interno di un’associazione professionale, senza ricorrere a un’autonoma organizzazione. Oltre a ciò, affinché operi l’esclusione dalla base imponibile IRAP, deve risultare possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti, con onere della prova a carico del contribuente che è tenuto a dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi recati dall’adesione a una associazione professionale.

 

Nel caso di specie, l’oggetto dell’associazione professionale è l’esercizio in forma associata di tutte le attività proprie e di quelle che in futuro possono divenire proprie delle professioni giuridiche ed economiche, fra le quali quelle di dottore commercialista ed esperto contabile e consulente del lavoro, con il comune scopo di favorire ed accrescere lo svolgimento delle attività professionali dei soci.

In relazione alle modalità della gestione contabile degli incarichi di sindaco e amministratore, la fatturazione dei compensi connessi a tali incarichi risulta essere effettuata direttamente ed esclusivamente dall’associazione, sulla base del regolamento che prevede che tutti i soci svolgano la propria attività in piena autonomia professionale e in piena autonomia nei rapporti con la clientela, prevedendo espressamente che per l’incarico di sindaco o amministratore spetti un premio in percentuale sul compenso fatturato e percepito dalla medesima associazione professionale.

 

L’Agenzia, dunque, osserva che in questo quadro gli incarichi di sindaco o amministratore ricoperti dagli associati non appaiono svolti in modo individuale e separato rispetto al complesso dell’attività svolta dagli stessi associati nel contesto associativo, che la designazione del professionista sembra avvenire anche in ragione dell’organizzazione dell’associazione professionale di cui il professionista fa parte e che quest’ultimo, nell’espletamento dell’incarico, si avvalga in concreto dell’organizzazione messagli a disposizione dallo studio associato.

 

Il riconoscimento al professionista, che assume l’incarico di sindaco e amministratore, del premio conferma che i compensi percepiti per tali incarichi sono da intendersi come proventi della propria organizzazione e non come remunerazioni riferibili esclusivamente al singolo professionista, confluendo con gli altri compensi percepiti dall’associazione professionale per le attività svolte.

 

Ciò premesso, dunque, l’Agenzia ha affermato che i compensi percepiti e fatturati, direttamente ed esclusivamente, dall’associazione professionale in relazione agli incarichi di sindaco o amministratore svolti dai propri associati, debbano concorrere alla formazione della base imponibile IRAP dell’associazione istante.

Bonus Sud e credito d’imposta ZES e ZLS: nuovo modello di comunicazione

 

L’Agenzia delle entrate ha approvato un nuovo modello di comunicazione per la fruizione dei crediti d’imposta pergli investimenti nel Mezzogiorno, nelle Zone economiche speciali (Zes) e nelle Zone logistiche semplificate (Zls), definendone modalità e termini di presentazione (Agenzia delle entrate, provvedimento 1 giugno 2023, n. 188347).

L’articolo 1, comma 265, della Legge di bilancio 2023 ha modificato i commi 98 e 108 dell’articolo 1 della Legge n. 208/2015, prorogando al 31 dicembre 2023 il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno.

Il successivo comma 267 ha poi modificato l’articolo 5, comma 2, primo periodo, del D.L. n. 91/2017, prorogando al 31 dicembre 2023 il credito d’imposta per gli investimenti nelle ZES nonché il credito d’imposta per gli investimenti nelle ZLS.

A tal riguardo, per consentire ai soggetti interessati di fruire dei crediti d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, nelle ZES e nelle ZLS secondo il nuovo quadro normativo, è stato approvato un nuovo modello di comunicazione per richiedere l’autorizzazione alla fruizione dei predetti crediti d’imposta, prevedendo nel quadro B del nuovo modello la possibilità di indicare gli investimenti realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2023.

 

Pertanto, con il provvedimento n. 188347/2023, l’Agenzia delle entrate ha approvato il nuovo modello di comunicazione, aggiornato in seguito alla proroga delle agevolazioni, destinato ai soggetti titolari di reddito d’impresa che intendono beneficiare del credito d’imposta per le acquisizioni di beni strumentali nuovi, a decorrere dal 1° gennaio 2023, da destinare a strutture produttive localizzate:

– nelle regioni Basilicata, Molise, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (di seguito “TFUE”), e nelle zone assistite della regione Abruzzo, ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 approvata con decisione della Commissione europea C(2021) 8655 final del 2 dicembre 2021 e integrata dalla decisione C(2022) 1545 final del 18 marzo 2022 (di seguito “Carta”);

– nelle Zone Economiche Speciali (ZES), con riferimento alle aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 107, paragrafo 3, lettere a) e c), del TFUE, come individuate dalla Carta;

– nelle Zone Logistiche Semplificate (ZLS), con riferimento alle aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE, come individuate dalla Carta.

 

Tale modello può essere inviato, tramite il software “CIM23”, o dal beneficiario stesso o da un soggetto incaricato, di cui ai commi 2-bis e 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322/1998, a partire dall’8 giugno 2023 e non oltre il 31 dicembre dell’anno successivo a quello nel corso del quale sono effettuate le acquisizioni. Con la stessa modalità, inoltre, può essere inviata una nuova comunicazione, per rettificarne una già inviata, o presentare la rinuncia integrale al credito d’imposta precedentemente comunicato.

 

Oltre il termine massimo previsto per l’invio, potranno essere accolte solo:

– comunicazioni rettificative dei dati del quadro C, nei casi di comunicazioni sottoposte al controllo antimafia risultate incomplete, se pervenute entro 60 giorni dalla restituzione dell’apposita ricevuta telematica e a condizione che l’importo del credito richiesto con la comunicazione rettificativa non risulti variato rispetto a quello presente sulla comunicazione originaria;

– comunicazioni presentate nei mesi di novembre e dicembre dell’anno successivo a quello nel corso del quale sono effettuate le acquisizioni, successivamente scartate, se pervenute entro il mese di febbraio del secondo anno successivo a quello nel corso del quale sono effettuate le predette acquisizioni.

 

I soggetti che intendono beneficiare dei crediti d’imposta per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2022, invece, dovranno continuare ad utilizzare il modello approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 14 aprile 2017, da inviare entro e non oltre il 31 dicembre 2023.

Approvato il disegno di legge “Made in Italy”

Il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta del 31 maggio 2023, ha approvato un disegno di legge che reca disposizioni organiche per valorizzare e promuovere le produzioni di eccellenza, le bellezze storico artistiche e le radici culturali nazionali come fattori da preservare e trasmettere per la crescita dell’economia del Paese (Ministero delle imprese e del made in Italy, comunicato 31 maggio 2023).

Il provvedimento prevede una serie di misure e iniziative volte a incentivare il sistema imprenditoriale di eccellenza italiana, con l’obiettivo di dotare il “Made in Italy di nuove risorse, nuove competenze e nuove tutele. In tal senso, sono stati ideati interventi per migliorare e allargare la rete tra i principali attori della promozione e tutela della eccellenza italiana e per inasprire il sistema sanzionatorio per la lotta alla contraffazione.

 

Tra le misure previste a favore delle imprese, rientra la costituzione del Fondo Strategico Nazionale del Made in Italy, con l’obiettivo di stimolare la crescita e il consolidamento delle filiere strategiche nazionali anche per la fase dell’approvvigionamento delle materie prime critiche, con una dotazione iniziale di un miliardo di euro.

Sono state annunciate anche misure settoriali a sostegno delle principali filiere di eccellenza, attraverso la valorizzazione della filiera legno-arredo 100% nazionale, del tessile, della nautica, della ceramica e dei prodotti orafi. In particolare 10 milioni di euro saranno destinati al potenziamento delle iniziative di autoimprenditorialità e imprenditorialità femminile.
 
Al fine di promuovere le abilità, le conoscenze e le competenze connesse al made in Italy, è stata prevista l’istituzione del Liceo del Made in Italy e della Fondazione denominata “Imprese e Competenze per il Made in Italy”. Inoltre, per favorire il passaggio di competenze e di abilità tra generazioni, è stata decretata la nascita di un programma di trasferimento delle competenze generazionali per le imprese private con non più di 15 unità da svolgere attraverso il tutoraggio di formazione di un lavoratore andato in pensione, da non oltre 2 anni, a un nuovo assunto a tempo indeterminato di età inferiore a 30 anni. Con l’obiettivo di promuovere e rappresentare l’eccellenza produttiva e culturale italiana è anche stata istituita l’Esposizione nazionale permanente del made in Italy. 

Nell’ambito della tutela del marchio “Made in Italy”, per assicurare la riconoscibilità e la provenienza dei prodotti italiani:

  • è stato adottato un contrassegno ufficiale di origine italiana delle merci con la dizione Made in Italy per la promozione della proprietà intellettuale e commerciale dei beni;
  • è stato previsto l’uso della Blockchain per la certificazione delle filiere e la creazione di un catalogo nazionale per il censimento delle soluzioni conformi alla normativa in vigore per la tracciabilità delle filiere e per sostenere e promuovere la ricerca applicata, lo sviluppo e l’utilizzo della tecnologia basata sui registri distribuiti (DLT) utile ai fini informativi per i consumatori;
  • sono stati annunciati finanziamenti per consulenze per l’avvio di attività nel metaverso;
  • è stato incentivato il processo di associazione tra produttori e la redazione di un disciplinare per le produzioni artigianali e industriali.

Infine, in materia di lotta alla contraffazione, sono state previste modifiche al sistema sanzionatorio e al codice di procedura penale in materia, riorganizzazione degli uffici per favorire la specializzazione in materia e misure per la formazione specialistica dei magistrati per il contrasto ai reati di contraffazione.

Depositi fiscali: autorizzazione provvisoria in assenza dei requisiti

Nella Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 2023, n. 124, è stato pubblicato il D.M. 17 marzo 2023 previsto dall’articolo 23, comma 12 del testo unico delle accise relativo all’autorizzazione per 12 mesi all’esercizio di deposito fiscale in assenza dei requisiti.

L’intervento di modifica dell’articolo 23, comma 12, del testo unico accise, ad opera dell’articolo 5-quater, comma 1, del D.L. n. 21/2022, risponde alla necessità di integrare la disciplina inerente l’operatività in regime di deposito fiscale dei depositi commerciali di modesta capacità di stoccaggio prevedendo un’alternativa alla mera sospensione della relativa autorizzazione che dia una concreta possibilità, agli esercenti di tali depositi, di riuscire effettivamente a ripristinare le condizioni richieste dal suddetto articolo 23, comma 4 e, in particolare, quella attinente alla soglia del 30% del totale delle estrazioni di un biennio.

 

L’ufficio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli competente per territorio in relazione all’ubicazione del deposito fiscale verifica annualmente la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 23, comma 4, lett. a) e b), del testo unico per l’esercizio dell’impianto di stoccaggio in regime di deposito fiscale e qualora ne venga riscontrata l’insussistenza, il medesimo ufficio comunica all’esercente l’avvio del procedimento di sospensione dell’autorizzazione ad operare in regime di deposito fiscale.

L’esercente può presentare entro 20 giorni, decorrenti dalla notifica della comunicazione memorie scritte, documenti o altri elementi idonei a comprovare la sussistenza di tali condizioni. 

Qualora la garanzia sia stata regolarmente costituita entro il termine di 10 giorni, l’Ufficio competente comunica all’esercente che gli è consentito di proseguire in via transitoria l’attività in regime di deposito fiscale per dodici mesi decorrenti dalla notifica della comunicazione.

 

L’importo della garanzia è determinato dall’ufficio competente nella misura del 100% dell’accisa dovuta sui prodotti energetici estratti dal deposito fiscale nel mese solare precedente a quello della notifica della comunicazione. La stessa può essere prestata dall’esercente in denaro oppure in titoli di Stato al valore nominale e ha validità non inferiore alla data prevista per il pagamento dell’accisa sui prodotti che saranno immessi in consumo nel dodicesimo mese successivo alla notifica della comunicazione. Qualora sia necessario, l’esercente può adeguarla in modo che la stessa risulti sempre conforme durante l’intero periodo dei dodici mesi di prosecuzione transitoria dell’attività.

L’ufficio competente, in ciascuno dei 12 mesi di prosecuzione transitoria dell’attività verifica la conformità della garanzia prestata e in caso contrario adotta il provvedimento di sospensione dell’autorizzazione a operare in regime di deposito fiscale.

 

Nel caso in cui al termine del suddetto periodo di sospensione il medesimo ufficio verifichi il mancato ripristino delle condizioni previste dall’articolo 23, comma 4, lett. a) e b), del testo unico, revoca l’autorizzazione a operare in regime di deposito fiscale; nel caso in cui al termine del suddetto periodo di sospensione il medesimo Ufficio verifica, invece, il ripristino delle suddette condizioni, revoca il provvedimento di sospensione adottato nei confronti dell’esercente.

 

Infine, sempre l’ufficio competente, al termine del periodo di prosecuzione, verifica la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 23, comma 4, lett. a) e b), del testo unico e qualora nessuna di esse risulti ripristinata, revoca l’autorizzazione a operare in regime di deposito fiscale. Nel caso in cui, invece, il medesimo ufficio, al termine del suddetto periodo di prosecuzione verifica il ripristino delle predette condizioni, provvede a darne comunicazione all’esercente.

Informazioni di dominio pubblico: concesso il diritto d’accesso ai propri dati

Il Garante per la privacy ha affermato il principio secondo il quale Il diritto all’accesso ai propri dati personali non può essere limitato se si tratta di informazioni di dominio pubblico, la cui comunicazione non pregiudica le attività di contrasto a reati di riciclaggio (Garante per la privacy, newsletter 26 maggio 2023).

Al termine dell’attività istruttoria relativa a due reclami presentati nei confronti di istituti di credito da un cliente, che non riusciva ad ottenere un completo riscontro alle richieste di accesso ai propri dati personali, l’Autorità ha dichiarato l’illiceità del trattamento e ammonito gli istituti di credito.

 

Nel caso di specie, infatti, l’interessato non riusciva ad ottenere un completo riscontro alle richieste di accesso ai propri dati personali poichè le due banche rispondevano solo fornendo dati anagrafici e bancari, omettendo ulteriori informazioni. 

Gli istituti di credito, basandosi sulla normativa antiriciclaggio, ritenevano di non dover fornire tutte le informazioni di cui erano in possesso e di cui erano venuti a conoscenza attraverso articoli di stampa. In particolare le notizie riguardavano un’indagine nei confronti del cliente che si era conclusa con una sentenza della Corte di Cassazione.

Per tali motivi, l’Autorità ha ritenuto di dover ammonire entrambe le banche per non aver fornito tempestivo e completo riscontro all’istanza di accesso ai propri dati personali avanzata dal cliente, non ricorrendo gli estremi per l’applicazione della misura della limitazione al diritto di accesso, dal momento che la conoscenza da parte dell’interessato delle predette informazioni, non avrebbe violato gli interessi tutelati dalla normativa antiriciclaggio, trattandosi di notizie di stampa liberamente accessibili a chiunque online, così come la sentenza della Cassazione.

La Carta fondamentale dei diritti dell’UE agli articoli 7 e 8, tutela, rispettivamente, il rispetto della vita privata e familiare e la protezione dei dati di carattere personale. In relazione alla possibilità di limitare tali diritti, all’articolo 52 della Carta, sono fissati i criteri da rispettare nell’applicazione di tali limitazioni:

– il principio di proporzionalità, secondo il quale possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui;

– il principi di necessità, in ragione del quale il diritto dell’interessato a ricevere le informazioni che lo riguardano non può essere eliminato, ma eventualmente rimandato ad un momento successivo.

 

Il legislatore europeo, inoltre, ha disciplinato il tema delle limitazioni ai diritti degli interessati nell’articolo 23 del Regolamento (UE) 2016/679, riguardo al quale si sono soffermate le Linee Guida n. 10/2020 adottate il 13 ottobre 2021 dal Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB).

In alcuni casi, come ad esempio nel caso dell’antiriciclaggio, la limitazione ai diritti potrebbe essere necessaria, laddove fornire informazioni ad interessati sottoposti ad indagine, potrebbe compromettere il successo dell’indagine stessa.

Pertanto gli operatori devono porre in essere un delicato bilanciamento che garantisca un’applicazione proporzionata della limitazione, così da limitare la stessa al periodo di tempo effettivamente necessario a salvaguardare gli interessi generali che potrebbero essere compromessi dalla comunicazione all’interessato.

 

Superbonus 110%: omesso deposito asseverazione di rischio sismico

Ai fini dell’accesso al Superbonus, il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico e l’asseverazione devono essere allegati alla segnalazione certificata di inizio attività o alla richiesta di permesso di costruire, al momento della presentazione allo sportello unico competente, per i successivi adempimenti, tempestivamente e comunque prima dell’inizio dei lavori (Agenzia delle entrate, risposta 29 maggio 2023, n. 332).

L’articolo 3, comma 3, del decreto interministeriale n. 58/2017, concernente le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni nonché per le modalità per l’attestazione, da parte dei professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi effettuati, dispone l’obbligo di depositare l’asseverazione contestualmente alla presentazione del progetto dell’intervento.

Secondo il suddetto comma 3, il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico e l’asseverazione di cui al comma 2, devono essere allegati alla segnalazione certificata di inizio attività o alla richiesta di permesso di costruire, al momento della presentazione allo sportello unico competente di cui all’articolo 5 del citato D.P.R. n. 380/2001, per i successivi adempimenti, tempestivamente e comunque prima dell’inizio dei lavori.

Ai fini dell’accesso al Superbonus nel caso di interventi antisismici, come chiarito dalla circolare n. 28/2022, sussiste la necessità dell’attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi effettuati, secondo le modalità stabilite dal decreto del Ministero delle infrastrutture n. 58/2017. Secondo il citato D.M., il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico e l’asseverazione devono essere allegati alla segnalazione certificata di inizio attività o alla richiesta di permesso di costruire, al momento della presentazione allo sportello unico competente, per i successivi adempimenti, tempestivamente e comunque prima dell’inizio dei lavori. Dunque, la tardiva o omessa presentazione dell’asseverazione non consente l’accesso al beneficio fiscale e non può essere considerata una violazione meramente formale, come ipotizzato dall’istante, trattandosi di una violazione che può ostacolare l’attività di controllo.
Inoltre, riguardo alla possibilità di ricorrere alla definizione di cui all’articolo 1, commi da 166 a 173 della Legge n. 197/2022, nell’ambito della Tregua fiscale, ne restano escluse le comunicazioni necessarie a perfezionare alcuni tipi di opzione o l’accesso ad agevolazioni fiscali, per le quali non è sufficiente il comportamento concludente adottato. Il legislatore, infatti, ha previsto l’istituto della remissione in bonis per consentire ai contribuenti di sanare la violazione entro il termine della prima dichiarazione utile.

Nel caso di specie, la soluzione prospettata dall’Agenzia delle entrate al mancato deposito all’ente locale dell’asseverazione prima dell’inizio dei lavori, consiste nel sanare l’omissione, al fine di beneficiare delle detrazioni da Superbonus, ricorrendo all’istituto della remissione in bonis, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza e qualora l’istante:

– abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

– effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;

– versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997, secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, e successive modificazioni, esclusa la compensazione prevista.

Tuttavia l’Agenzia delle entrate è impossibilitata a stabilire se ricorrono ancora le condizioni temporali per accedere all’istituto della remissione in bonis, in quanto l’istante non ha specificato in quale periodo d’imposta sono iniziati i lavori ed è stato ommesso di allegare l’asseverazione, rendendo impossibile da stabilire se ricorrono ancora le condizioni temporali per accedere all’istituto. Ciò sarà possibile, in particolare, laddove la prima dichiarazione dei redditi nella quale deve essere esercitata la detrazione della prima quota costante dell’agevolazione sia quella da presentare entro il 30 novembre 2023.

Trattamento fiscale degli strumenti finanziari partecipativi

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sulla natura partecipativa degli strumenti “convertendi” e sulla loro sostanziale assimilabilità alle azioni ai fini dell’individuazione del regime tributario applicabile (Agenzia delle entrate, sintesi 25 maggio 2023, n. 1).

L’articolo 5 del D.M. 8 giugno 2011 stabilisce che ai fini dell’individuazione del trattamento fiscale degli strumenti finanziari partecipativi, indipendentemente dalla qualificazione e dalla classificazione adottata in bilancio, si considerano similari alle azioni gli strumenti finanziari che presentano i requisiti di cui alla lett. a) del comma 2 dell’articolo 44 TUIR ovvero similari alle obbligazioni gli strumenti finanziari che presentano i requisiti di cui alla lett. c) del medesimo comma 2. 

L’Agenzia delle entrare spiega come tale previsione, originariamente applicabile solto ai soggetti che adottano i principi contabili internazionali per la redazione del bilancio d’esercizio (soggetti “IAS-adopter”), è stata estesa dall’articolo 2 del D.M. 3 agosto 2017 anche alle imprese che si conformano ai principi contabili nazionali (soggetti “OIC-adopter”), quali sono nella fattispecie gli investitori (NewCo) e la Target.

Ai fini dell’individuazione del corretto trattamento fiscale degli accordi di investimento “convertendi”, l’Agenzia fa riferimento all’articolo 44 del TUIR, nonché alle indicazioni fornite nella circolare n. 26/E del 2004, da cui emerge che gli strumenti finanziari partecipativi sono da assimilare alle azioni laddove abbiano una remunerazione totalmente correlata ai risultati economici della società emittente. In particolare, ai fini dell’assimilabilità alle azioni tale connessione con i risultati dell’emittente deve riguardare sia l’an che il quantum delle somme o dei proventi corrisposti ai sottoscrittori a titolo di remunerazione dell’investimento.

Con riferimento alla fattispecie in esame, la partecipazione immediata alle perdite e prospettica agli utili della società emittente esprime chiaramente la natura partecipativa degli strumenti “convertendi” in esame e, dunque, la loro assimilabilità alle azioni ai fini dell’individuazione del regime tributario applicabile. L’apporto eseguito dal sottoscrittore degli strumenti “convertendi” non ha altra prospettiva all’infuori dell’acquisizione della qualità di socio dell’emittente. Tale apporto ha, dunque, natura di capitale di rischio, erogato a fronte dell’aspettativa di avere accesso ai risultati positivi generati in seguito dalla Target. Gli accordi di investimento nascono, infatti, con la finalità di effettuare la Conversione e sono strumentali alla creazione del rapporto sociale (che si perfeziona dopo un certo tempo). Dunque, l’unica forma di remunerazione prevista per l’investitore è il dividendo una volta assunta la qualità di socio.

In base all’articolo 44 del TUIR il trattamento fiscale che deriva dall’assimilazione degli accordi di investimento alle azioni comporta:

– in capo alla Target, che l’incasso delle somme di denaro messe a disposizione degli investitori non abbia un effetto reddituale e che gli interessi siano irrilevanti ai fini IRES, senza costituire una forma di remunerazione attribuibile al possessore dei titoli partecipativi. In definitiva, in sede di conversione, la Target imputa a capitale sociale (ed eventualmente a sovrapprezzo) la riserva “targata” iscritta a patrimonio netto e attribuisce quote di partecipazione agli investitori senza che vi sia il transito di elementi a conto economico e senza, perciò, che la conversione abbia alcun effetto ai fini della fiscalità diretta dell’emittente;

– in capo agli investitori, che gli accordi “convertendi”, che trovano contabilmente collocazione tra le immobilizzazioni finanziarie (nell’ambito della voce “altri titoli”), rappresentino un investimento destinato a essere durevolmente mantenuto nel patrimonio aziendale dell’investitore.

Alla luce dell’assimilabilità alle azioni, la svalutazione degli strumenti “convertendi” è fiscalmente irrilevante a norma dell’articolo 110, comma 1, lett. d) del TUIR, ai sensi del quale il costo degli strumenti finanziari similari alle azioni si intende non comprensivo dei maggiori o minori valori iscritti i quali non concorrono alla formazione del reddito. Analogamente, sono prive di rilevanza fiscale le rivalutazioni degli strumenti similari alle azioni.

Ai fini IRAP, chiarisce l’Agenzia, non si producono effetti rilevanti sulla determinazione della base imponibile, di cui all’articolo 6, comma 9, del D.Lgs. n. 446/1997. Infine, nel caso in cui si verifichi la conversione, in occasione della successiva cessione delle azioni di conseguenza acquisite, troverà eventualmente applicazione il regime della participation exemption al ricorrere delle condizioni individuate dall’articolo 87 TUIR sia nell’ipotesi di Modello Contrattuale che di Modello SFP.

Relativamente all’accertamento del presupposto del minimum holding period, invece, il termine di decorrenza da prendere a riferimento dovrà essere il momento della sottoscrizione degli accordi di investimento che incorpora il diritto di ottenere la conversione, tenuto conto che la conversione è un evento che ai fini fiscali non determina l’interruzione del periodo di possesso.

 
 

Avvocati: pagamento contributi a mezzo F24 e istituzione nuova causale

L’Agenzia delle entrate ha provveduto a istituire un’ulteriore causale contributo per il pagamento del contributo minimo integrativo attraverso modello F24 da parte degli iscritti alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense (Agenzia delle entrate, risoluzione 24 maggio 2023, n. 24/E). 

Come ormai noto, a seguito della Convenzione stipulata in data 26 novembre 2020 tra l’Agenzia delle entrate e la Cassa Forense, gli iscritti a tale istituto di previdenza hanno la possibilità di pagare i contributi previdenziali e assistenziali dovuti utilizzando il modello F24.

 

L’Agenzia ha già istituito alcune causali con risoluzioni del 2021 e interviene ora, a seguito di espressa richiesta da parte di Cassa Forense, a predisporne una nuova per il pagamento del contributo minimo integrativo.

 

Pertanto, con la risoluzione in oggetto, è stata istituita la causale “E107” denominata “CASSA FORENSE – contributo minimo integrativo” che sarà operativamente efficace a partire dal 5 giugno 2023.

 

Vengono anche fornite le istruzioni per il corretto inserimento della causale di nuova introduzione nel modello.

 

In sede di compilazione del modello F24, la causale in argomento è esposta nella sezione “Altri enti previdenziali e assicurativi” (secondo riquadro), nel campo “causale contributo”, esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, riportando:

 

– nel campo “codice ente”, il codice “0013”;

 

– nel campo “codice sede”, nessun valore;

 

– nel campo “codice posizione”, nessun valore;

 

– nel campo “periodo di riferimento: da mm/aaaa a mm/aaaa”, il mese e l’anno di competenza del contributo da versare, nel formato “MM/AAAA”.

Fruibilità Art Bonus: i chiarimenti dell’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate, con risposta a interpello del 24 maggio 2023, n. 331, ha fornito chiarimenti in tema di credito di imposta Art Bonus e erogazioni liberali finalizzate allo specifico sostegno dell’attività di conservazione, manutenzione e valorizzazione di beni culturali.

Il quesito sottoposto all’attenzione dell’Agenzia delle entrate riguarda l’ambito di applicazione dei benefici di cui all’articolo 1, comma1, del D.L. n. 83/2014 (c.d. Art Bonus), in riferimento ad erogazioni liberali a sostegno di due complessi monumentali di appartenenza pubblica gestiti da un ente che adotta un sistema di rilevazione contabile oggettivamente in grado di consentire la tracciatura della loro integrale destinazione a sostegno dei suddetti beni e di iniziative volte a consentirne la piena fruibilità pubblica.

 

L’articolo 1 del D.L. n. 83/2014, al comma 1, prevede un credito d’imposta, nella misura del 65% delle erogazioni effettuate in denaro da persone fisiche, enti non commerciali e soggetti titolari di reddito d’impresa per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione, delle istituzioni concertistico-orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei circuiti di distribuzione e per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo. Tale credito d’imposta riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15% del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per 1000 dei ricavi annui, ripartito in tre quote annuali di pari importo è altresì riconosciuto anche qualora le erogazioni liberali in denaro effettuate per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici siano destinate ai soggetti concessionari o affidatari dei beni oggetto di tali interventi.

 

Come precisato nella circolare n. 24/E del 31 luglio 2014, il credito d’imposta spetta per le erogazioni liberali effettuate in denaro per i seguenti scopi:

interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici;
– sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione, delle istituzioni concertistico-orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei circuiti di distribuzione;
– realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti di Enti o Istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo;
– realizzazione di interventi di restauro, protezione e manutenzione di beni culturali pubblici qualora vi siano soggetti concessionari o affidatari del bene stesso.

 

Come chiarito dal Ministero della cultura, in riferimento alla fattispecie in esame, a seguito della modifica statutaria il Comune esercita un controllo diretto ed esclusivo in riferimento alla funzione di conservazione, manutenzione e valorizzazione dell’intero patrimonio culturale e artistico delle città. In forza di due convenzioni triennali sono stati poi regolati i rapporti tra la fondazione e il Comune per la valorizzazione, lo sviluppo e lo svolgimento delle attività culturali, contestualmente all’assegnazione in favore dell’istante di una pluralità di immobili funzionali allo svolgimento delle finalità statutarie. L’ente, dunque, risulta istituito per iniziativa prioritaria di un soggetto pubblico e gestisce un patrimonio culturale di appartenenza pubblica. La sostanza pubblicistica è supportata da una serie di indici sintomatici:

– costituzione dell’ente da parte di soggetti pubblici;

– maggioranza pubblica dei soci e dei partecipanti;

– finanziamento con risorse pubbliche;

– gestione di un patrimonio culturale di appartenenza pubblica;

– assoggettamento ad alcune regole proprie della P.A. o al controllo analogo.

Resta comunque imprescindibile l’integrazione della qualifica di istituto o luogo della cultura, di cui all’articolo 101, D.Lgs. n. 42/2004. Pertanto, risulta necessario, ai fini dell’ammissibilità all’Art bonus, che l’ente di appartenenza sostanzialmente pubblica non persegua finalità istituzionali diverse, non riconducibili a quelle proprie di un istituto o luogo della cultura.

Ciò premesso, nulla osta alla riconduzione dell’ente al novero dei suddetti istituti o luoghi della cultura, essendo la sua funzione esclusiva la conservazione e valorizzazione dei beni culturali. Il parere del Ministero della cultura risulta, quindi, favorevole all’ammissibilità all’Art Bonus delle erogazioni liberali destinate a sostenere tali complessi monumentali. Infine, in riferimento alla possibilità di perseguire i propri fini istituzionali, anche per gli altri immobili di titolarità del Comune ricevuti in comodato, tramite un sistema di contabilizzazione delle erogazioni liberali che ne consenta una autonoma e distinta rilevazione contabile, l’Agenzia delle entrate evidenzia che, l’articolo 1, comma 5, della Legge n. 106/2014, prevede che i soggetti beneficiari delle erogazioni liberali comunichino, mensilmente, al Ministero della cultura l’ammontare delle erogazioni ricevute nel mese di riferimento, provvedendo, inoltre, a dare pubblica comunicazione di tale ammontare, nonché della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni stesse.