Sospensione riscossione: non idoneità del decreto di omologa/esecutività del concordato fallimentare


Forniti chiarimenti in merito ai corretti strumenti amministrativi a disposizione del contribuente tornato in bonis a seguito dell’omologazione e dell’esecuzione di una procedura di concordato fallimentare, al fine di stimolare l’Agenzia delle entrate, quale ente creditore, e l’Agenzia delle entrate – Riscossione, quale Agente della riscossione, ad adeguarsi alle pronunce giudiziali emesse in sede fallimentare, con specifico riferimento agli effetti di cui all’art. 135 L.F (Agenzia delle entrate – Risposta 10 novembre 2022, n. 6).

Il decreto di omologa/esecutività del concordato fallimentare non annulla, né sospende, il titolo che fonda il credito erariale (o la relativa cartella), ma eventualmente ne riduce solo l’esigibilità; pertanto, deve negarsi che lo stesso possa rientrare tra le cause di sospensione della riscossione ex articolo 1, commi 537 e ss. della legge n. 228 del 2012 e sia quindi idoneo ad attivare la relativa procedura.
Ciò non significa, tuttavia, che tale decreto sia ininfluente per gli Uffici dell’Agenzia delle entrate o per l’ente della riscossione, i quali sono ovviamente tenuti al rispetto delle norme e dei provvedimenti dell’Autorità giudiziaria. Agli Uffici e all’ente della riscossione si impone dunque di agire in conformità all’articolo 135 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (“legge fallimentare” o “L.F.”), secondo cui il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi. I creditori conservano la loro azione per l’intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso. Ove ciò non avvenga per un qualsiasi motivo, i contribuenti, ferma la tutela giurisdizionale dei propri diritti, potranno comunque rivolgersi all’Amministrazione finanziaria ex articolo 2- quater (“Autotutela”) del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564 – convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656 – per l’annullamento o la revoca degli atti posti in essere in contrasto con la richiamata disposizione della legge fallimentare.


ITS Academy: definite le istruzioni per il credito d’imposta


L’Agenzia delle entrate ha definito le modalità di attuazione delle agevolazioni dirette agli iscritti dei percorsi formativi e dei “benefattori” che finanziano gli istituti (Agenzia Entrate – provvedimento 10 novembre 2022 n. 414366).

Il credito d’imposta è utilizzabile in tre quote annuali di pari importo a partire dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è effettuata l’elargizione, ovvero in compensazione ai sensi dell’art. 17, DLgs n. 241/1997; inoltre, lo stesso credito non è cumulabile con altra agevolazione fiscale prevista a fronte delle medesime erogazioni.
Per i soggetti titolari di reddito d’impresa, ferma restando la ripartizione in tre quote annuali di pari importo, il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del cit. art. 17.
L’eventuale ammontare del credito d’imposta non utilizzato può essere fruito nei periodi d’imposta successivi.


Ai fini dell’utilizzo in compensazione del credito d’imposta:
– il modello F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento;
– con successiva risoluzione è istituito il relativo codice tributo e sono impartite le istruzioni per la compilazione del modello F24.


Agli iscritti ai percorsi formativi degli ITS Academy è riconosciuta la facoltà di riscattare, ai fini pensionistici, il relativo periodo di frequenza.
Ai predetti iscritti è altresì riconosciuta, in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, la detraibilità, ai fini Irpef, delle rette per la frequenza dei percorsi formativi in base a quanto previsto dall’art. 15, co. 1, lett. e) del Tuir, nonché delle erogazioni liberali in favore degli ITS Academy.
La detraibilità delle rette per la frequenza dei percorsi formativi e delle erogazioni liberali in favore degli ITS Academy è riconosciuta a condizione che l’onere sia sostenuto con versamento bancario o postale, ovvero mediante i sistemi di pagamento previsti dall’art. 23, DLgs n. 241/1997.


Bonus per la partecipazione a manifestazioni fieristiche


I soggetti a cui è stato assegnato il buono fiere possono presentare la richiesta di rimborso dello stesso, esclusivamente per via telematica. Tale procedura telematica sarà attiva a decorrere dalle ore 12:00 del 10 novembre 2022 e fino alle ore 17:00 del 30 novembre 2022 (Ministero delle Imprese e del Made in Italy – Comunicato 08 novembre 2022).

Il bonus fiere è un buono del valore massimo di 10.000 euro, erogabile in favore delle imprese per la partecipazione alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore organizzate in Italia.
Le fiere ricomprese nella misura sono individuate nel calendario fieristico approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e dovranno avere luogo nel periodo compreso tra il 16 luglio 2022, data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto legge, e il 31 dicembre 2022.
L’incentivo è previsto nel quadro degli interventi delineati dal decreto-legge del 17 maggio 2022 n. 50 (articolo 25-bis  del c.d. “Decreto Aiuti”), convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91.
I soggetti a cui è stato assegnato il buono fiere possono presentare, esclusivamente per via telematica, attraverso la procedura informatica raggiungibile all’indirizzo comunicato prima dell’apertura dello sportello, un’apposita istanza di rimborso delle spese e degli investimenti effettivamente sostenuti per la partecipazione delle manifestazioni fieristiche sulla base del modello fac-simile.
Le istanze di rimborso possono essere presentate a decorrere dalle ore 12:00 del 10 novembre 2022 e fino alle ore 17:00 del 30 novembre 2022. Ai fini del completamento della compilazione dell’istanza di rimborso del buono fiere, al soggetto istante è richiesto il possesso di una casella di posta elettronica certificata (PEC) attiva.
I soggetti a cui è stato assegnato il buono fiere possono presentare la richiesta di rimborso dello stesso, esclusivamente per via telematica attraverso la procedura informatica raggiungibile al seguente indirizzo https://misedgiaibuonofiere.invitalia.it.


Bonus acquisto gasolio per attività di trasporto: in arrivo il codice tributo


Istituito il codice tributo per l’utilizzo, tramite modello F24, del credito d’imposta per l’acquisto di gasolio per l’esercizio delle attività di trasporto (Agenzia delle entrate – risoluzione 9 novembre 2022 n. 65/E)

Per consentire l’utilizzo in compensazione dell’agevolazione in oggetto, tramite modello F24 da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento, è istituito il seguente codice tributo:  “6989” denominato “credito d’imposta per l’acquisto di gasolio per l’esercizio delle attività di trasporto – art. 3 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50”.
In sede di compilazione del modello di pagamento F24, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”. Il campo “anno di riferimento” è valorizzato con l’anno di sostenimento della spesa, nel formato “AAAA”. Si precisa che, l’Agenzia delle entrate, in fase di elaborazione dei modelli F24 presentati dai contribuenti, verifica che i contribuenti stessi siano presenti nell’elenco dei beneficiari trasmesso dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, e che l’ammontare del credito d’imposta utilizzato in compensazione non ecceda l’importo indicato in tale elenco, pena lo scarto del modello F24, tenendo conto anche delle eventuali variazioni e revoche successivamente trasmesse dallo stesso Ministero.


Enti religiosi: fusione riorganizzativa per incorporazione


L’Agenzia delle Entrate con la risposta 08 novembre 2022 n. 555 è intervenuta sul trattamento fiscale riservato nell’ipotesi della “fusione per incorporazione” di due enti ecclesiastici ai fini delle imposte sul reddito, dell’IVA e dell’imposta di registro.

Con particolare riguardo all’operazione di fusione che coinvolge enti ecclesiastici, nella risoluzione 15 aprile 2008, n. 152/E è stato chiarito che ai fini una valutazione degli effetti fiscali occorre distinguere se i beni che “passano” da un ente all’altro siano o meno relativi ad un’attività d’impresa.


In altre parole, una tale operazione di fusione non è da considerare “realizzativa” e può, quindi, beneficiare della neutralità fiscale di cui all’art. 172, co. 1, del TUIR, limitatamente ai beni gestiti dall’ente incorporato in regime di impresa che, dopo la fusione, confluiscono nell’attività d’impresa dell’ente incorporante.


Qualora, invece, detti beni non confluiscano in un’attività d’impresa dell’ente incorporante, gli stessi si considerano realizzati a valore normale, in analogia a quanto disposto dall’art. 171, co. 1 del TUIR in materia di trasformazione eterogenea, generando plusvalenze imponibili a causa della loro destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.


La risoluzione n. 152/E del 2008 ha chiarito, altresì, che anche per i beni relativi all’attività istituzionale dell’ente incorporato occorre distinguere a seconda dell’attività in cui gli stessi confluiscono in conseguenza dell’operazione di fusione.


In relazione ai beni non relativi ad impresa che confluiscono nell’impresa, trova applicazione in via analogica l’articolo 171, co. 2 del TUIR che, in caso di trasformazione da ente non commerciale in società commerciale, rinvia alla disciplina del conferimento per i beni non ricompresi nell’azienda o nel complesso aziendale dell’ente stesso.


La medesima risoluzione precisa, infine, nella diversa ipotesi di beni non relativi all’impresa che confluiscono nell’attività istituzionale dell’incorporante, l’operazione sarà fuori dal regime d’impresa.


Nel caso di specie, l’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, rappresenta che procederà ad incorporare due enti ecclesiastici civilmente riconosciuti appartenenti alla medesima struttura religiosa (“Congregazione”) e che detta fusione verrà realizzata mantenendo in capo all’ente incorporante la destinazione originaria dei beni all’attività istituzionale o commerciale, come già rinvenibile in capo agli enti incorporati, in sostanza “aggregando” rispettivamente, le attività istituzionali con i relativi patrimoni e le attività commerciali con i relativi patrimoni.


Alla luce di quanto esposto, relativamente ai beni in regime di impresa che confluiranno nel novero dei beni dell’ente incorporante in regime d’impresa, la fusione potrà avvenire in neutralità fiscale, ai sensi degli artt. 172 e 174 del TUIR.


IVA: cessione di terreni con unità collabenti


L’Agenzia delle entrate, con la risposta del 7 novembre 2022, n. 554, in materia di IVA, ha fornito chiarimenti sulla cessione di terreni con unità collabenti.

La disciplina IVA prevista dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del Decreto IVA distingue, ai fini dell’assoggettamento all’imposta delle cessioni di immobili effettuate da soggetti passivi, gli immobili strumentali da quelli abitativi, prevedendo per questi ultimi un generale regime di esenzione.
Le cessioni di fabbricati strumentali costituiscono, invece:
– operazioni imponibili quando effettuate “…dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 31, primo comma, lett. c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457;”, e a condizione che la cessione avvenga “…entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento…”;
– operazioni esenti in tutti gli altri casi ferma restando la possibilità per il cedente di optare, nel relativo atto, per l’imponibilità (articolo 10, numero 8-ter del Decreto IVA).
La distinzione tra gli immobili ad uso abitativo e immobili strumentali deve essere operata in base al criterio oggettivo della classificazione catastale degli stessi, a prescindere dal loro effettivo utilizzo.
La classificazione catastale al momento della cessione è quindi il criterio di riferimento principale, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita, fatta salva ovviamente la possibilità per l’amministrazione finanziaria di procedere a diverse valutazioni in presenza di eventuali circostanze rilevanti fiscalmente, quali clausole specifiche o accordi preventivi.
Va altresì ricordato che le disposizioni di cui ai citati numeri 8-bis) e 8-ter) non trattano specificamente anche dei fabbricati “non ultimati”.
Ciò induce a ritenere la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’ imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo sia esclusa dall’ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso assoggettata ad IVA.
Un fabbricato si intende ultimato al momento in cui l’immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo.
In base a quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 12 luglio 2012, Causa C-326/11, l’esenzione IVA “…si applica a un’operazione di cessione di un bene immobile composto da un terreno e da un vecchio fabbricato in corso di trasformazione…quando al momento di detta cessione il vecchio fabbricato risulti demolito solo in parte e si, almeno parzialmente, ancora utilizzato in quanto tale”. Quanto a dire che la totale demolizione e l’impossibilità di utilizzo del fabbricato “come tale” esclude l’esenzione IVA della relativa cessione che ricade, invece, nell’ordinario regime di imponibilità.
La fattispecie oggetto del presente interpello riguarda un complesso immobiliare, sul quale la Società ha eseguito parziali interventi di demolizione, interessato da un’articola e complicata vicenda, rispetto alla quale si forniscono i seguenti principi di ordine generale.
Dalle copiose informazioni fornite, l’Agenzia desume che allo stato attuale la Proprietà è censita al catasto nella categoria “F/2 – unità collabenti”, tranne la particella …, foglio …, censita come “F/1 – aree urbane”.
Tali categorie catastali non rientrano in nessuna di quelle per le quali è prevista l’esenzione IVA dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del Decreto IVA.
La dichiarazione di collabenza presuppone specifiche verifiche finalizzate ad accertare che l’unità immobiliare, tra cui:
– l’impossibilità di produrre reddito neanche con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria;
– l’assenza di allacci alla rete di acqua, luce e gas;
– l’impossibilità di essere iscritta in altra categoria catastale (ad esempio, una abitazione può perdere la sua redditività nella sua categoria ma può avere una redditività come locale di deposito ascrivibile nella categoria C/2);
– non consista in una delle tipologie che catastalmente non sono né individuabili e né perimetrabili e cioè quelle unità: a) prive totalmente di copertura e della relativa struttura portante o di tutti i solai b) delimitate da muri che non abbiano almeno altezza di un metro. Infatti, se dovessero verificarsi entrambe queste le circostanze, l’unità immobiliare è ascrivibile alla più consona qualità 280 “Fabbricato diruto” del catasto terreni.
Nella sentenza 19 novembre 2009, causa C-461/08, la Corte afferma che quando l’atto di cessione di un terreno, sul quale sorge un fabbricato destinato alla demolizione, prevede espressamente l’impegno a effettuare le prestazioni relative alle opere di demolizione, già iniziate all’atto della cessione, tale fattispecie integra un’operazione unica ai fini IVA, avente ad oggetto non la cessione del fabbricato esistente, ma quella di un terreno non edificato. In tale caso, la CGUE ha dato rilievo al fatto che la demolizione fosse stata iniziata, prima della cessione, dal venditore, che si era assunto contrattualmente l’onere del completamento.
Di contro, la stessa Corte, nella sentenza 4 settembre 2019, C-71/18, ritiene che non può essere qualificata come cessione di “terreno edificabile” la cessione di un terreno che, al momento della vendita, incorpora un fabbricato pienamente operativo ma da demolire totalmente o parzialmente – secondo l’intenzione delle parti. In tal caso la demolizione risulta essere un’operazione economicamente indipendente rispetto alla vendita del suolo e non forma, con quest’ultima, un’unica operazione.
In conclusione, per quanto sinora illustrato l’Agenzia ritiene che la classificazione catastale del fabbricato “al momento della cessione” resta, in generale, il criterio di riferimento principale per applicare il regime di esenzione IVA previsto dai numeri 8- bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del Decreto IVA, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita. Se quindi all’atto della cessione la Proprietà è effettivamente inquadrabile nella categoria catastale F/2, in base a elementi oggettivi che ne certifichino lo stato di fatto, come una pertinente e databile documentazione fotografica nonché apposite perizie tecniche – possibilmente asseverate – che ne offrano una rappresentazione fedele anche dello status quo ante, tale operazione non rientra nel predetto regime di esenzione, bensì in quello ordinario di imponibilità con applicazione dell’IVA nella misura del 22 per cento.
Sottolinea, peraltro, che tale ricostruzione non si pone in contrasto con quanto affermato, da ultimo, nella circolare 25 luglio 2022, n. 28/E, in tema di detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio, interventi finalizzati al risparmio energetico e superbonus, secondo cui “le unità collabenti, pur trattandosi di categoria riferita a fabbricati totalmente o parzialmente inagibili e non produttivi di reddito, sono manufatti già costruiti e individuati catastalmente.” Tali interventi sono finalizzati alla conservazione del bene e l’agevolazione spetta a condizione che gli stessi non debbano essere considerati come “nuova costruzione”.
Considerato il trattamento IVA come sopra delineato e in virtù del principio di alternatività IVA/Registro di cui all’articolo 40, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, l’Agenzia ritiene che l’imposta di registro debba essere applicata nella misura fissa di euro 200,00.
Nella stessa misura di euro 200,00 sono dovute l’imposta ipotecaria, ai sensi della nota all’articolo 1 della Tariffa allegata al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (TUIC), e l’imposta catastale, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, del medesimo TUIC.


Vendita irregolare di autovetture: raddoppio dei termini di accertamento


La Corte di Cassazione, con sentenza 03 novembre 2022 n. 32464 è intervenuta sull’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento in caso di vendita irregolare di autovetture.

Secondo il testo vigente pro-tempore, ai fini della tempestività dell’accertamento, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331, c.p.p. per uno dei reati previsti dal DLgs n. 74/2000, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione.
Ora, in base all’art. 43, co. 3, D.P.R. n. 600/1973, applicabile ratione temporis, ciò che rileva, ai fini del raddoppio dei termini, è unicamente la sussistenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia a carico del pubblico ufficiale che ravvisi i presupposti del reato, non rilevando né l’eventuale mancata denuncia, né l’archiviazione della stessa, né il successivo esercizio dell’azione penale, né, ancora, l’eventuale decisione di proscioglimento, assoluzione o condanna.
Nel caso di specie, per quanto risultante dagli avvisi di accertamento e dal P.V.C., era astrattamente configurabile il reato di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti” (art. 2, DLgs n. 74/2000), per il quale non sono previste soglie di punibilità.
A riguardo, è applicabile il raddoppio dei termini previsto dall’art. 43, co. 3, D.P.R. n. 600/1973. Né a diversa conclusione può pervenirsi dopo le modifiche apportate dall’art. 2, DLgs n. 128/2015, che ha introdotto un nuovo periodo al predetto art. 43, co. 3, DPR n. 600/1973, in base al quale il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in ci è compresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza dei termini di cui ai commi precedenti, posto che tale norma si applica solo agli accertamenti notificati a partire dall’entrata in vigore di tale decreto legislativo (2 settembre 2015) e, in base all’art. 2, co. 3, DLgs n. 128/2015, sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto.


Iper ammortamento e interconnessione: chiarimenti dal Fisco


L’iper ammortamento, in ipotesi di interconnessione operata successivamente all’effettuazione dell’investimento e alla sua messa in funzione, non può estendersi anche alla quota di canoni relative ai mesi precedenti. La sovvenzione, quindi, può essere fruita con riferimento alle ideali quote dei canoni successivi al momento di entrata in funzione del bene (Agenzia entrate – risposta 07 novembre 2022 n. 551).


 


In riferimento al caso di specie, gli investimenti effettuati risultano ricompresi tra quelli effettuati dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019 (ossia quelli per i quali entro la data del 31 dicembre 2018 l’ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20%) per cui si applicano le disposizioni di cui dell’art. 1, co. 9, L. n. 232/2016.
Al riguardo con la circolare 4/E del 2017 è stato precisato che il beneficio introdotto dai commi 9 e 10 della Legge di bilancio 2017 si traduce in un incremento del costo di acquisizione del bene (del 150 o del 40 per cento), che determina un aumento della quota annua di ammortamento (o del canone annuo di leasing) fiscalmente deducibile.


Inoltre, in merito agli investimenti effettuati attraverso la stipula di un contratto di leasing, con la medesima circolare è stato chiarito, tra l’altro che:
– la maggiorazione spetta solo all’utilizzatore, e non anche al concedente;
– l’acquisizione in proprietà del bene a seguito di riscatto non configura per il contribuente un’autonoma ipotesi d’investimento agevolabile;
– la maggiorazione si concretizza in una deduzione che opera in via extracontabile e che va fruita per quanto riguarda l’iper ammortamento in un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988 relativamente ai beni acquisiti tramite leasing.


Ai fini della determinazione dell’iper ammortamento, inoltre, trova applicazione il principio espresso con riferimento alla maggiorazione cd. super ammortamento per cui nel caso di un bene acquisito attraverso un contratto di leasing ai fini dell’individuazione del realizzo dell’investimento, rileva il momento in cui il bene viene consegnato, ossia entra nella disponibilità del locatario. Sempre nella circolare n. 4/E del 2017 si afferma che la deduzione della maggiorazione non dipende dal comportamento civilistico adottato dal contribuente, ma deve avvenire in base alle regole fiscali stabilite dall’articolo 102, comma 7, del TUIR.


Dal momento di effettuazione degli investimenti deve, in ogni caso, distinguersi il momento dal quale è possibile fruire del beneficio.
A tale ultimo riguardo, è opportuno evidenziare, infatti, che la maggiorazione cd. super ammortamento, traducendosi in sostanza in un incremento del costo fiscalmente ammortizzabile, potrà essere dedotta a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene.
A differenza di quanto previsto in tema di super ammortamento, la disposizione contenuta nel comma 11 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017 prevede un ulteriore requisito da rispettare per poter (iniziare a) fruire della maggiorazione del 150 per cento: quello dell’interconnessione del bene al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
Per poter beneficiare dall’iper ammortamento gli investimenti dovranno, dunque, rispettare il requisito della “interconnessione” al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura, requisito che risulta indispensabile per la spettanza dell’agevolazione (tanto che, secondo quanto affermato dalla predetta relazione illustrativa, la maggiorazione può essere fruita solo a decorrere dal periodo di imposta in cui si realizza l’interconnessione).


Secondo la relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2017, la dichiarazione del legale rappresentante e l’eventuale perizia devono essere acquisite dall’impresa entro il periodo di imposta in cui il bene entra in funzione, ovvero, se successivo, entro il periodo di imposta in cui il bene è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. La relazione evidenzia che, in quest’ultimo caso, l’agevolazione sarà fruita solo a decorrere dal periodo di imposta in cui si realizza il requisito dell’interconnessione.


Nel caso di specie, occorre considerare che l’investimento è realizzato nel periodo d’imposta 2019 (momento in cui i macchinari risultano consegnati/collaudati), l’entrata in funzione e l’interconnessione, invece, avvengono nel periodo d’imposta 2020, con la conseguenza che la fruizione del beneficio risulta sospesa fino a tale ultimo momento.


Per quanto sopra descritto, elemento rilevante per definire il momento di inizio della fruizione dell’agevolazione risulta in primis l’entrata in funzione del bene come avviene per i costi rilevati con la tecnica dell’ammortamento ai sensi dell’articolo 102 del TUIR a cui occorre assimilare, per ragioni di ordine logico sistematico, anche l’ipotesi di acquisto di macchinari in leasing.


La deduzione quale iper ammortamento in ipotesi di interconnessione operata successivamente all’effettuazione dell’investimento ed alla sua messa in funzione, non può estendersi anche alla quota di canoni relative ai mesi precedente poiché, in ogni caso, il requisito dell’interconnessione deve sussistere e integrare la predetta messa in funzione.


Tale impostazione garantisce il rispetto della ratio dell’incentivo consentendo di agevolare gli investimenti realizzati a partire dal momento di entrata in funzione dei beni stessi, nel presupposto che ciò dimostri l’utilizzo del bene nel ciclo produttivo aziendale.


Non può essere rilevante, infine, la quantificazione dell’iper ammortamento nell’ipotesi di acquisto di un macchinario operata nel 2019 con interconnessione nel settembre 2020, poiché la forfetizzazione della prima quota di ammortamento deducibile, relativa al periodo d’imposta di entrata in funzione del bene agevolabile, operando esclusivamente per gli acquisti di beni in proprietà consente di determinare la maggiorazione cd. super ammortamento prescindendo dalla quantificazione dai mesi di effettivo utilizzo del macchinario.


Fondo di garanzia per le PMI: prolungamento della durata della garanzia


È possibile chiedere il prolungamento della copertura del Fondo anche oltre il termine massimo di 96 mesi (ABI – Lettera circolare 02 novembre 2022, n. 1728, MEDIOCREDITO CENTRALE/INVITALIA – Circolare 31 ottobre 2022, n. 9)

Il Gestore del Fondo di garanzia per le PMI ha comunicato che, in applicazione di quanto previsto dal “Non-paper – Liquidità support and the other possibilities to support undertakings under the COVID-19 Temporary Framework beyond 30 June 2022”, pubblicato dalla Commissione Europea il 12 maggio 2022, è possibile chiedere il prolungamento della copertura del Fondo anche oltre il termine massimo di 96 mesi, previsto dalla disciplina del Temporary Framework COVID, nel caso in cui l’impresa beneficiaria risulti in situazione di temporanea difficoltà.
Le richieste di prolungamento della durata della garanzia, inviate e non accolte dal Gestore prima della pubblicazione della Circolare in oggetto, verranno dallo stesso prese nuovamente in carico senza la necessità, da parte della banca, di una nuova richiesta;
I soggetti beneficiari del prolungamento della durata della garanzia non saranno, ai sensi di quanto previsto dalla Parte I, paragrafo B.1. delle vigenti Disposizioni Operative del Fondo, più ammissibili all’intervento del Fondo fino a quando l’operazione oggetto di prolungamento non giunga a scadenza con totale estinzione del finanziamento.

Al via l’incentivo Concerie


A partire dalle 10.00 del 15 novembre 2022 le imprese appartenenti ad un distretto conciario nelle regioni Campania, Lombardia, Marche, Toscana e Veneto potranno richiedere a Invitalia contributi a fondo perduto, pari al 50% delle spese ammissibili, per la realizzazione di progetti d’investimento legati all’innovazione dei prodotti e dei modelli produttivi anche in un’ottica di ecosostenibilità ed economia circolare (INVITALIA – Comunicato 07 novembre 2022).

È quanto prevede il decreto del Ministero dello sviluppo economico che stabilisce i termini per la presentazione delle domande relative all’incentivo introdotto nel decreto Sostegni bis e che dispone l’erogazione di contributi a fondo perduto per 10 milioni di euro per l’industria conciaria, un settore particolarmente danneggiato dall’emergenza COVID-19.
Sono ammissibili alle agevolazioni gestite da Invitalia le spese complessivamente non inferiori a 50 mila euro e non superiori 200 mila euro per la realizzazione di programmi di investimento ad elevato contenuto di innovazione e sostenibilità, incluse le attività di ricerca industriale o sviluppo sperimentale. La soglia massima delle spese ammissibili si innalza invece a 500 mila euro per progetti integrati di distretto che presentino determinate caratteristiche.
Alla data di presentazione della domanda le imprese beneficiarie devono:
– svolgere presso la sede oggetto della domanda di agevolazione l’attività economica, come risultante dal codice di attività comunicato al Registro delle imprese, di “preparazione e concia del cuoio e pelle” di cui al codice ATECO 15.11.00;
– essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 6 del D.M. 30 dicembre 2021.
Per facilitare la presentazione delle domande le imprese potranno avviare la precompilazione della modulistica già a partire dalle ore 10.00 dell’8 novembre. Per la procedura dovranno:
– essere in possesso di un’identità digitale (SPID, CNS, CIE);
– accedere all’area riservata Invitalia per compilare la domanda.
Dovranno avere inoltre una firma digitale e un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC). Al termine della procedura online verrà assegnato un numero di protocollo elettronico.